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Storia di Cuba
GLI ABORIGENI CUBANI PRECOLOMBIANI.
Gli scienziati che parteciparono alla “Tavola Rotonda Archeologica Caraibica” del 1950 hanno stabilito ufficialmente che a cavallo dell’anno 1500 l’arcipelago cubano era abitato da tre primitive e pacifiche etnie indigene, non autoctone, che erano giunte a Cuba oltre mille anni prima di Colombo, provenienti da alcune regioni geografiche circostanti. Erano tre popolazioni diverse, con tre culture ben distinte, e con un totale di oltre 100.000 persone. Esse erano: le Tribù Guanajatabey che vivevano nella estrema parte occidentale cubana, le Tribù Siboney che abitavano nelle due coste marine dell’area centrale, e le Tribù Taino posizionate nella regione orientale cubana.
Gli indigeni Guanajatabey.
Gli aborigeni delle Tribù Guanajatabey, provenienti dall’attuale Florida, sono considerati i primissimi abitanti dell’arcipelago cubano. Erano molto primitivi e nomadi, e vivevano in comunità nelle numerose caverne. Non coltivavano la terra e si alimentavano soprattutto di frutta caraibica, tartarughe marine e molluschi vari. Di questi ultimi utilizzavano anche le conchiglie per farne cucchiai, utensili, ornamenti, ecc. E seppellivano i loro morti sotto montagnette con strati di terra e strati di conchiglie: per questo motivo, dagli studiosi, la cultura degli indios Guanajatabey viene chiamata “la cultura delle conchiglie”.
Gli indigeni Siboney.
Le Tribù Siboney, provenienti dalla odierna Venezuela, abitavano in prossimità delle spiagge marine e nelle foci dei fiumi. Non lavoravano la terra, ma si cibavano pesci, cacciagione, frutta tropicale. Siccome non usavano utensili di pietra, e seppellivano i loro morti nelle grotte, uno sull’altro sotto montagnette di pietre, gli studiosi definiscono la cultura Siboney “la cultura delle pietre”.
Gli indigeni Taino.
Le Tribù Taino, provenienti dall’attuale Santo Domingo, vivevano in grandi capanne, dormivano in amache, ed erano sia cacciatori che pescatori, ma anche agricoltori. E quindi non si cibavano solo di frutta ma anche di vegetali. Seppellivano i loro morti in luoghi elevati, coperti di vasellame: per tale motivo la loro cultura viene chiamata dagli studiosi “la cultura del vasellame”.
LA STORIA MODERNA DI CUBA
ha inizio con la cosiddetta “scoperta” del continente americano da parte delle varie potenze navali e imperiali europee (con i “conquistadores” in testa a tutti) nei decenni a cavallo dell’anno 1500.
1492: CRISTOFORO COLOMBO DETTO CRISTOBAL COLON
Il grande navigatore italiano, nato a Genova nel 1451, dopo avere conosciuto l’opera del geografo fiorentino Paolo Pozzo Toscanelli morto centenario nel 1482, e dopo avere ereditato alcune mappe e relazioni dal navigatore portoghese Perestrello, di cui aveva sposato la figlia, nel 1477 giunse in Portogallo, ma, non essendo riuscito ad interessare il re lusitano ai suoi progetti di raggiungere le Indie Asiatiche navigando verso occidente oltre lo stretto di Gibilterra, si trasferì a Valladolid dove dai coniugi sovrani Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia ottenne la sponsorizzazione alla spedizione di quella che successivamente venne denominata “La scoperta dell’America”. Cristoforo Colombo (dagli spagnoli chiamato Cristobal Colon) partì da Palos il 3 agosto 1492 con il grado di Ammiraglio Oceano. Con le tre famose caravelle Nina, Pinta e Santa Maria, toccò le isole Canarie, quindi, dopo una traversata di quasi tre mesi nell’Oceano Atlantico, convinto di avere raggiunto le Indie, sbarcò nell’isola che egli battezzò San Salvador, la quale attualmente si chiama Guanahani, nello Stato dell’Arcipelago delle Bahamas, poco a nord di Cuba. Proseguendo il suo viaggio giunse nell’isola cubana la sera del 27 ottobre 1492, e il mattino del 28 sbarcò nella Baya de Bariay, situata nei pressi dei cayos dell’Arcipelago dei Giardini del Re. Colombo battezzò l’isola cubana con il nome di “Juana” (in onore di Juan, principe ereditario spagnolo), ma siccome gli indigeni la chiamavano Cuba, successivamente mantenne il nome di Cuba. Prima di ritornare alla corte di Castiglia sostò nell’isola ove ora vi sono Haiti e Santo Domingo, che egli chiamò Isla Hispaniola. Quindi effettuò altri tre viaggi a Cuba, fino al 1504. Poi morì povero nel 1506 a Valladolid senza sapere di avere individuato un nuovo continente, ma convinto di avere raggiunto l’Asia. Il primogenito Diego Colòn e il secondogenito Fernando Colòn, dopo la sua morte diventeranno, uno vice-re spagnolo (nelle Colonie Caraibiche), e l’altro il biografo ufficiale e archivista dei suoi diari (in Spagna).
1510-20: LE PRIME OTTO CITTA’ COLONIALI
Nel primo ventennio del Cinquecento alcune centinaia di militari spagnoli, capeggiati da Diego Velazquez de Cuellar, e comandati dal vice-re spagnolo Diego Colombo (il quale aveva ereditato i diritti di sfruttamento del padre Cristoforo) conquistarono tutta l’isola e diedero vita alle prime sette città coloniali cubane. Ecco in ordine cronologico le otto date ufficiali di fondazione: Baracoa 15 agosto 1511, che nel 1512 diventa la prima capitale cubana; Bayamo 5 novembre 1513; Trinidad 15 gennaio 1514; Camaguey 2 febbraio 1514; Sancti Spiritus 4 giugno 1514; Remedios 24 giugno 1515; Santiago 25 luglio 1515, che diventerà la seconda capitale cubana. E infine, dopo tentativi di fondazione effettuati nel quinquennio 1514-18, la domenica del 16 novembre 1519 viene fondata L’Avana, che diventerà poi la terza e definitiva “Capitale Cubana”.
L’INUMANA SCHIAVITU’
Materialmente, le prime città cubane furono costruite dai fragili schiavi aborgeni cubani; nell’anno 1500 erano oltre 100.000; dopo 50 anni non ce n’erano più, erano tutti morti: o per malattia, o per massacro, o per suicidio. A Cuba è ancora oggi molto popolare il ricordo del capo “cacicco” Hatuey (definito “el primero rebelde del continente americano”) il quale nel 1511 capeggiò le rivolte indigene contro gli spagnoli, dai quali venne però catturato e bruciato vivo a Yara, come afferma un monumento a lui dedicato a Baracoa. Nel 1530 anche l’indio Guamà organizzò una sfortunata resistenza aborigena nella grande Laguna del Tesoro, nella Penisola de Zapata. Ma già prima della la scomparsa dei pochi e deboli indigeni, gli spagnoli iniziarono l’inumana tratta dei molti e forti schiavi africani nigeriani. Nei secoli seguenti, dal Seicento all’Ottocento, i sedicenti nobili e religiosi spagnoli diventarono ricchissimi grazie al lavoro forzato degli schiavi negri nelle piantagioni di tabacco e di canna da zucchero. A titolo di cronaca, la schiavitù fu abolita nelle colonie francesi durante la Rivoluzione Francese alla fine del Settecento, quindi fu abolità nelle colonie britanniche alla metà dell’Ottocento, e infine fu abolita dalle colonie spagnole alla fine di tale secolo quando le autorità iberiche furono cacciate via dall’arcipelago cubano. E poi nel Novecento i arrivarono gli statunitensi, che incrementarono il semi-schiavismo dalla Cina. A chi interessa si informa che nelle città di Matanzas e Sancti Spiritus vi sono due Musei della Schiavitù ove si parla di ciò, e nella capitale c’è la mostra sulla “Ruta del Esclavo” a cura della Fondazione Fernando Ortiz Fernandez presieduta dallo scrittore Miguel Barnet Lanza.
I MAGNIFICI SETTE ‘ANTONELLI’ DI GATTEO ROMAGNOLO, AUTORI DELLE ANTICHE FORTEZZE SPAGNOLE DI CUBA.
Fino all’anno 2000 i libri di storia affermavano che i progettisti degli antichi castelli spagnoli di Cuba erano due fratelli architetti militari italiani (Giovanbattista e Battista Antonelli) che si pensava nati a Gaeta del Lazio. Poi, nell’anno 2000 (grazie a carte inedite rinvenute in giro per il mondo) tutti gli storici iberici, si sono messi d’accordo e hanno deciso all’unanimità che i progettisti delle antiche fortificazioni spagnole a Cuba e dintorni erano invece i sette architetti membri della società fondata dai suddetti fratelli Antonelli, (nati non a Gaeta del Lazio, ma a Gatteo di Romagna), che per cento anni (tra la metà del Cinquecento e la metà del Seicento) lavorarono in giro per mezzo mondo, al servizio della Corona di Spagna. Essi a Santiago de Cuba idearono il Castello di San Pedro della Roca, mentre all’Avana progettarono il Castello dei Tre Re Magi del Morro, il Castello di San Salvador della Punta, il Fortino della Chorrera, il Fortino di Cojimar, l’Acquedotto Zanja Real, e la Muraglia di protezione dell’Avana Vecchia… (Ecco i nomi dei “magifici sette”).
1)- Giovanbattista Antonelli (1527-1588), il fondatore della dinastia.
2)- Battista Antonelli (1547-1616), il fratello del suddetto fondatore.
3)- Cristoforo Garavelli Antonelli (1550-1608), nipote dei 2 suddetti.
4)- Francesco Garavelli Antonelli (1557-1593), nipote dei 2 suddetti.
5)- Cristoforo Roda Antonelli (1560-1631), è il nipote dei 2 suddetti.
6)- Juan Bautista Antonelli (1585-1649), figlio di Battista Antonelli.
7)- Cristobal Roda (1600-1650), figlio di Cristoforo Roda Antonelli.
La prima fonte è il volume promosso dal Comune di Gatteo nel 2005, dal titolo “OMAGGIO AGLI ANTONELLI”, a cura di Mario Sartor, atti del convegno internazionale del 3-4-5 ottobre 2003 a Gatteo (Forlì). La seconda fonte è la pagina 48 del libro curato nel 2005 dallo storico Domenico Capolongo, dal titolo “EMIGRAZIONE e PRESENZA ITALIANA a CUBA”, edito dal Club Duns Scoto a Roccarainola (Napoli). La terza fonte è il catalogo della mostra itinerante con le fotografie delle costruzioni progettate dagli INGEGNERI E ARCHITETTI ANTONELLI ALL’AVANA E SANTIAGO DE CUBA, e in altri luoghi sudamericani, africani, portoghesi e spagnoli; catalogo a cura dell’Arci-Solidarietà, e del fotografo romagnolo Graziano Bartolini. Questa mostra è stata esposta in Italia (a Gatteo, Cesena, Forlì, Bologna, Roma), e all’estero (all’Avana, Madrid, Parigi).
LE PIRATERIE TRA STATI IMPERIALISTI
I regnanti degli stati nemici della Spagna (Inghilterra, Francia, Olanda) per tutto il Seicento e il Settecento sponsorizzarono corsari (cioè mercenari al servizio delle corone) e pirati (che erano rapinatori free-lance) al fine di depredare i galeoni spagnoli in navigazione verso l’Europa, con le stive piene di ori rubati agli aborigeni. Addirittura una flotta inglese (formata da marines e da corsari) si impadronì dell’Avana e intorni per quasi un anno, nel Settecento. E chi è curioso si rechi a visitare il Museo della Pirateria, nel Castello del Morro di Santiago de Cuba.
L’AVANA INGLESE, NEL 1762-63
Per circa un anno, dall’agosto 1762 al luglio 1763, l’Avana venne invasa dalle truppe britanniche e diventò dominio dei Reali di Londra. In questo breve periodo a Cuba avvennero enormi cambiamenti di mentalità commerciale, che restarono anche dopo, quando tornarono gli spagnoli, i quali cedettero ai britannici la Florida, colonia spagnola da oltre due secoli, in cambio del rientro all’Avana. Poi, come noto, nel 1776, alcune colonie anglo-americane diventarono indipendenti e dettero vita ai primi Stati Uniti d’America: così da quel momento Cuba iniziò a fare decisamente gola ai nuovi e ricchi latifondisti statunitensi d’origine britannica.
JOSE’ MARTI’: L’ EROE NAZIONALE CUBANO
Josè Julian Martì Perez è l’intellettuale-patriota più famoso di Cuba: suoi busti e monumenti sono in tutte le scuole, in tutte le piazze, e in ogni edificio pubblico cubano. Anche a Roma vi sono due busti marmorei a lui dedicati: uno è nel Parco di Villa Borghese e uno è nel Laghetto dell’Eur: zona Caffè Giolitti. (E uno è a Genova, in apposito memoriale accudito dal Comune). Ogni anno, il 28 gennaio (giorno dell’anniversario della sua nascita, avvenuta all’Avana Vecchia nel 1853) delegazioni Pro-Cuba portano mazzi di fiori su questi due busti. E altrettanto ogni 19 maggio, dato che in questo giorno, nel 1895, egli fu ucciso dagli spagnoli a Dos Rios, sulla Sierra Maestra: aveva solamente 42 anni.
1868-98: LE TRE GUERRE D’INDIPENDENZA
Dopo la Rivoluzione Francese di fine Settecento, e dopo la diffusione mondiale delle nuove idee democratiche di “libertè-egalitè-fraternitè”, quasi tutte le colonie spagnole del continente americano si ribellarono, si liberarono e ottennero l’indipendenza. La Spagna a metà Ottocento manteneva il dominio coloniale solamente sulle isole di Cuba e di Puerto Rico. Sull’esempio dei grandi “libertadores” latino-americani, nel trentennio 1868-98 i discendenti della borghesia coloniale spagnola (nel frattempo diventati patrioti cubani, definiti “mambì”), diedero vita a tre guerre d’indipendenza, i cui massimi esponenti furono tre eroi nazionali ancora oggi molto amati e ricordati a Cuba: Carlos Manuel de Céspedes del Castillo, Antonio Maceo Grajales e Juliàn Josè Martì Perez, tutti e tre uccisi in tre battaglie dai barbari e sanguinari soldati colonialisti spagnoli. La prima guerra durò circa 10 anni (1868-78), la seconda circa 100 giorni (1879-80), e la terza circa 1000 giorni (1895-98). Finalmente, nel 1898 i militari spagnoli persero la guerra definitiva, contro i patrioti cubani e contro la flotta statunitense, il cui astuto governo era intervenuto all’ultimo momento in appoggio a Cuba al solo scopo di sostituirsi alla Spagna nell’occupazione e nello sfruttamento del paese. Come scusa per intervenire contro la corona spagnola, gli Usa presero a pretesto l’affondamento (anzi l’auto-affondamento) della loro nave Maine ancorata all’Avana; morirono quasi 300 marinai semplici: tutti gli ufficiali bianchi erano scesi a terra prima. E così l’arcipelago cubano passò dal vecchio colonialismo spagnolo al nuovo colonialismo Usa; infatti l’emendamento voluto dal senatore statunitense Orville Pratt, in appendice alla prima Costituzione della Repubblica Cubana, sottolineava che Cuba diventava di fatto una colonia statunitense, anche se non lo era di nome, mentre la vicina isola di Puerto Rico diveniva una colonia Usa a tutti gli effetti.
GARIBALDI A CUBA e 4 GARIBALDINI UCCISI DAGLI SPAGNOLI
Lo storico napoletano Domenico Capolongo, nel suo dossier di 24 pagine intitolato “Giuseppe Garibaldi a Cuba”, stampato nel 2007 dall’Istituto Italo-Latino-Americano di Roma, ha scritto che l’eroe dei due mondi incontrò segretamente all’Avana i capi dei patrioti cubani anticolonialisti il 4 aprile 1851 (con lo pseudonimo Giuseppe “Joseph” Pane), e che furono quattro i giovani italiani filo-garibaldini uccisi dai militari spagnoli durante le 3 guerre di liberazione nazionale anticolonialista 1868-98. Ecco i loro nomi: Giovanni Placosio ucciso a Pinar del Rio nel 1851, Eduardo Facciolo all’Avana nel 1852, Achille Avolese a Las Tunas nel 1870, Natalio Argenta a Bayamo nel 1880.
3.000 ITALIANI IN LISTA PER ANDARE A COMBATTERE A CUBA
Lo storico cubano Enrique Pertierra Sierra ha dato alle stampe nel 2000, un importante libro di 170 pagine dal titolo “Italianos por la libertad de Cuba”, edito dalla Editorial Josè Martì dell’Avana. In questo volume ha riportato numerose informazioni circa l’aiuto dato dagli italiani ai cubani durante le tre guerre di liberazione nazionale anticolonialista 1868-98. C’è anche un elenco scritto dallo storico cubano Fernando Ortiz il quale dice che furono quasi 3.000 gli italiani che si misero in lista per andare a combattere a Cuba contro i soldati colonialisti spagnoli. Ecco qui l’elenco: 440 toscani, 421 marchigiani, 417 laziali, 331 lombardi, 360 umbri, 209 pugliesi, 206 abruzzesi, 139 romagnoli, 79 sardi, 84 liguri, 57 emiliani, 55 siciliani, 17 campani, 4 piemontesi, 4 veneti, più 70 emigrati italiani in Argentina. (Ma nessuno partì, perché la guerra finì).
LA MAFIA ITALO-AMERICANA A CUBA NEGLI ANNI 20-30-40-50
Nel 2009 la casa editrice italiana “Il Saggiatore” ha edito un volume, di quasi 400 pagine, scritto da un giornalista statunitense che si firma con lo pseudonimo “English”, intitolato “Notturno Avana: mafiosi, giochi d’azzardo, ballerine e rivoluzionari nella Cuba degli anni Cinquanta”. Il suo indice analitico elenca anche i nomi dei mafiosi italo-americani, quasi tutti di origine siciliana, che agirono a Cuba (dal quindicennio del “Proibizionismo Usa” 1919-33 fino al Primo Gennaio 1959, giorno del Triunfo de la Revoluciòn) nella gestione azionaria di grandi alberghi, pornoteatri, nightclub, cabaret, casini e casinò, che furono poi espropriati dal nuovo governo rivoluzionario. (Questi mafiosi italo-americani furono 50: eccoli in rigoroso ordine alfabetico). Anastasia, Anastasio, Barbara, Barletta, Bonanno, Bruno, Capone, Carbo, Carfano, Castiglia, Coppola, Corleone, Costanzo, Costello, Feo, Ferri, Fischetti, Gambino, Genovese, Giancana, Lanza, Larrea, Lombardozzi, Longo, Lucania, Luciano, Lucchese, Macrì, Magaddino, Magliocco, Mangano, Mannarino, Maranzano, Marcello, Masseria, Miranda, Moretti, Paternò, Polizzi, Profaci, Ragano, Roselli, Sinatra, Squillante, Stassi, Torino, Valichi, Zarate (ed infine i due Trafficante padre e figlio: trafficanti di nome e di fatto). I loro complici furono i potenti boss della mafia ebraica polacca-statunitense, tra cui il gangster Maier Suchowljansky detto Meyer Lansky, morto 83enne a Miami nel 1983, il quale dopo la vittoria della Revoluciòn Cubana ideò sia l’omicidio di Fidel Castro (non riuscito!) che di John Kennedy (riuscito!).
LA REPUBBLICHINA MADE IN USA
Dopo la messa fuori legge della inumana tratta degli schiavi africani, i nuovi padroni latifondisti statunitensi fecero arrivare a Cuba migliaia di contadini dalla Cina e dagli Usa in condizioni di semi-schiavitù. Poi all’inizio del Novecento gli Stati Uniti d’America inaugurarono l’enorme base militare situata nella provincia di Guantanamo, nell’estremo Oriente Cubano, il cui accordo d’affitto di 100 anni (che doveva legalmente cessare nel primo decennio di questo terzo millennio) è stato considerato un “contratto eterno” da tutti i vari presidenti statunitensi. E così per oltre mezzo secolo, cioè fino al 1958, Cuba diventò una “repubblichina-mafiosa” con una lunga lista di presidenti-fantoccio imposti dalla Cia-Usa e protetti dai boss malavitosi italo-americani di “Cosa Nostra”. Il più feroce di questi presidenti-dittatori fu Gerardo Machado, chiamato “Mussolini dei Tropici”, che fece uccidere molti sindacalisti, socialisti e comunisti, tra cui il fondatore del PCC Julio Antonio Mella Mac Partland. Infine, dopo il colpo di stato militare di Fulgencio Batista Zaldivar, avvenuto il 10 marzo 1952, a Cuba iniziarono le lotte operaie e studentesche capeggiate dal neolaureato avvocato Fidel Alejandro Castro Ruz e da suo fratello Raul.
MILLE VOLONTARI CUBANI NELLA GUERRA DI SPAGNA 1936-39
Sono stati un migliaio i volontari cubani che combatterono in difesa della Repubblica durante la Guerra di Spagna: i superstiti diventarono poi castristi. Tra i primi a correre a Madrid, nell’estate 1936, fu il giornalista avanese Pablo de la Torrente (accreditato come corrispondente di un giornale messicano) il quale divenne commissario politico del Quinto Reggimento Internazionale: cadde in combattimento alla vigilia delle feste natalizie del 1936. Dopo la sua morte altri mille cubani si recarono in Spagna: operai, intellettuali, infermiere. Negli anni Quaranta e Cinquanta i sopravissuti tornarono a Cuba per lottare contro il dittatore Batista che era diventato capo di stato con un colpo di stato. (E nel 1953 molti di questi aderiranno poi agli ideali di libertà di Fidel Castro).
1953: INIZIA IL PROCESSO RIVOLUZIONARIO
Il 26 luglio 1953, a Santiago de Cuba, 120 giovani capeggiati dall’allora ventiseienne avvocato orientale Fidel Alejandro Castro Ruz, attaccarono la Caserma Moncada al fine di reperire armi per la rivoluzione antibatistiana, ma l’assalto fallì. 60 ribelli vennero assassinati, 30 riuscirono a tornare all’Avana e 30 furono catturati e processati. Tra questi ultimi vi erano Fidel Castro, il fratello Raul, e le due partigiane Melba e Haidèe. Fidel fu condannato a 15 anni, Raul a 13, gli altri uomini a 10, e le donne a pochi mesi. Dopo un paio d’anni di carcere nell’Isola dei Pini (ora chiamata Isola della Gioventù) gli uomini vennero amnistiati a furor di popolo, e così quasi tutti i superstiti “moncadisti” si autoesiliarono a Città del Messico dove conobbero il medico argentino Ernesto Guevara, e dove iniziarono ad organizzarsi per il loro rientro a Cuba al fine di abbattere Batista (protetto sia dall’esercito statale cubano che dall’esercito privato mafioso).
“LA STORIA MI ASSOLVERA’”
A Santiago de Cuba, Nel settembre 1953, durante il processo a suo carico per i fatti del Moncada, l’avvocato Fidel Castro difende se stesso con una memorabile arringa (che poi sarà intitolata “La storia mi assolverà”) che lo trasforma da accusato ad accusatore, contro il sistema capitalista e contro il dittatore golpista Fulgenzio Batista.
1956: ALLA RIVOLUZIONE CON LA “NONNA”
Dopo alcuni mesi di peripezie varie a Città del Messico e di esercitazioni ginnico-militari al Rancho Santa Rosa e a Los Gamitos, il 25 novembre 1956, sopra un piccolissimo battello statunitense chiamato “Granma”, (nome che in italiano si traduce col poco patriottico termine di “Nonnetta”, e che in cubano-spagnolo si traduce “Abuelìta”), 82 giovani antibatistiani salparono dal porto messicano di Tuxpan (dove oggi c’è un piccolo museo con le fotografie ed i nomi degli 82 castristi) per raggiungere le coste orientali cubane. Di questi futuri guerriglieri, 78 erano cubani, una ventina dei quali superstiti dello sfortunato assalto alla caserma Moncada; gli altri quattro erano invece stranieri: cioè, tre erano latinoamericani (l’argentino Ernesto Che Guevara, il messicano Zelaya Algeres e il dominicano Mejia del Castillo) e uno era europeo (cioè il giovane partigiano della resistenza veneziana Gino Donè Pàro). Dopo una settimana di attraversata col mare in tempesta, il 2 dicembre 1956 sbarcarono a Los Cayuelos presso la Playa Coloradas, vicino al villaggio di Niquero, nella Sierra Maestra, quasi ai piedi del Pico Turchino, la montagna più alta di Cuba. E qui iniziarono una guerriglia partigiana che apparve già battuta in partenza, dato che nel giro di una settimana il gruppo degli 82 patrioti venne decimato in varie imboscate batistiane. Una quarantina di partigiani castristi vennero uccisi, una ventina riuscirono a fuggire all’estero, e una decina furono catturati e imprigionati all’Isola dei Pini (ora Isola della Gioventù) e una decina si ritrovarono attorno a Fidel e Raul per riprendere la lotta. Durante il biennio 1957-58 essi vennero raggiunti da centinaia di giovani che diedero vita all’ “Esercito Rebelde”. Ernesto Guevara de La Serna (che nel frattempo da tenente medico era diventato comandante militare, e anche insegnante di alfabetizzazione) fondò e diresse la radio dei partigiani, “Radio Rebelde”, che esiste tutt’ora all’Avana. La battaglia finale contro i batistiani avvenne nella città di Santa Clara nei giorni dopo il Natale 1958: qui il “Che” e i suoi uomini vinsero il più importante scontro finale (così Batista fuggì da Cuba in aereo all’alba del 1° gennaio 1959, portanto via la cassa dello Stato, in accordo con i boss mafiosi suoi protettori).
CON FIDEL C’ERA ANCHE GINO, UN PARTIGIANO VENEZIANO
Nel 1956, a Città del Messico, Fidel Castro conobbe anche Gino Donè Paro, giovane ex partigiano italiano, il quale a Trinidad aveva da poco sposato una giovane rivoluzionaria cubana, e lo arruolò nella spedizione contro i batistiani. (In Italia nel 2012 è uscito un libro scritto da Katia Sassoni, edito da Massari). Ecco in breve la sua vita. Gino è nato ed morto in Veneto (1924-2008). Dopo avere fatto il partigiano nella laguna veneta emigra a Cuba come carpentiere per costruire la grande Plaza Civica dell’Avana: l’attuale Plaza de la Revoluciòn. Nel 1952 il veneziano si fidanza con Olga Norma Turino Guerra, giovane rivoluzionaria di ricca famiglia cubana, abitante nella città coloniale di Trinidad, amica di Aleida March de La Torre, di Santa Clara, futura seconda moglie del Che. Con esse due anni dopo Gino entrerà nel “Movimento 26 Luglio”, chiamato con la sigla “M-26-7”, dalla data dell’assalto dei castristi (26 Luglio 1953) alle caserme di Bayamo e Santiago de Cuba. Nel 1954 Gino sposa la fidanzata. Poi nel 1955 e nel 1956, diventato tesoriere del “M-26-7” di Santa Clara, viene incaricato dal dirigente Faustino Perez Hernandez di portare dollari in Messico, dove lo attende Fidel che deve comperare il battello Granma. A Città del Messico l’italiano diventa molto amico del medico asmatico argentino Ernesto Che Guevara de La Serna, il quale gli confida che se non avesse incontrato Fidel.
autore GIANFRANCO GINESTRI
(tratta dalla Guida Turistica “CUBA” edita da MOIZZI di Milano)
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